EDITORIALE- ZOOM


Luglio 2013


A CHE PUNTO E’ LA NOTTE
Ne ha di significati, la notte. Segna epoche: la notte del Medioevo. È metafora dell’Olocausto: Elia Wiesel intitola il proprio libro sulle sue vicissitudini ad Auschwitz proprio “La notte”. E poi, ispira poeti e musicisti. Esalta gli innamorati.
Tutto bello. Ma la nostra società sembra essere piombata in una notte senz’alba, la crisi attanaglia le famiglie, i valori morali latitano, l’educazione è un’esimia sconosciuta, e la cultura una malattia. Siamo dentro alla notte e non sappiamo a che ora siamo arrivati.
Abbiamo paura, però sbagliamo. Dietro di noi, a ben guardare, c’è il tramonto, che indica la fine di un giorno. E chi ci dice che era un giorno buono, un giorno perfetto? Magari ci lasciamo alle spalle qualcosa di negativo, ci disponiamo a riposare e a ricaricare le batterie. Guardiamo in alto, su nel cielo, e pensiamo che se quelle stelle ci stanno a sopportare da milioni di anni, beh vuol dire allora che qualcosa di buono alberga comunque dentro di noi.
Così non bisogna disperare. Andando nella notte oscura, non per forza dovremo temere il Male. Perché è nelle nostre mani l’aurora che presto, da est, colorerà il cielo con le sue dita rosate. E se c’è la crisi, pazienza: come dice Peppino De Filippo “ha da passà a nuttata”…
Si dice che il momento più buio della notte sia proprio quello che precede l’alba: l’apostolo Paolo, ad esempio, scrive che “più la notte è fonda più l’alba è vicina”. Crediamoci anche noi, non costa niente. Magari il giorno che verrà sarà migliore del precedente. 
Per intanto, di notte si fanno i sogni. E sognare non costa nulla. Noi dobbiamo sognare in grande, perché sono i nostri sogni il metro della nostro agire nella vita.

Pietro Fischietti





Marzo 2013


Da più di un secolo ormai protagonista assoluta dell’8 marzo è la donna, o almeno così si vuole credere, perché la vera star della giornata è il consumismo. Mazzi di mimose, cene per sole donne e finti auguri faranno da padroni. Certamente tutte le donne si sentiranno lusingate da tante attenzioni, ma non meritano molto di più di tutto questo? Non meritano forse rispetto e riconoscenza? Le donne sono tenaci lavoratrici, che, una volta rientrate a casa, vestono i panni di mogli e madri instancabili. Ma ci sono donne che non riescono ad essere quelle meravigliose creature che sanno di poter essere, donne che sono state tradite dal loro stesso corpo e che non riescono ad esprimere al meglio il loro (quasi) infinito potenziale, donne che si trovano ad affrontare una realtà che le priva della loro straordinarietà, donne malate di sclerosi multipla. È per questo che quest’anno l’A.Svi.T vi propone di rendere omaggio alle donne in un modo alternativo, regalando loro una Gardenia dell’Aism(Associazione Italiana Sclerosi Multipla). 
La sclerosi multipla è una malattia prevalentemente al femminile: colpisce le donne in un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini e le colpisce in ogni ambito: dal lavoro alla famiglia, dalla sfera intima alle ambizioni personali. Dal 2007 l’Aism porta avanti il progetto Donne oltre la Sclerosi Multipla, un progetto che comprende attività di informazione e servizi mirati ad aiutare le donne con sclerosi multipla nei diversi ambiti della vita lavorativa, sociale e familiare. 
L’8 e il 10 marzo dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 16:00 alle ore 17:30 l’A.Svi.T. sarà in Piazza Triona per offrirvi la possibilità di fare un duplice regalo, alle vostre donne e a tante altre che vorrebbero solo essere come tutte le altre, grandiose! 

Roberta Gaudiano




Dicembre 2012

È passata ormai più di una settimana da quel fatidico 21 Dicembre 2012, in cui, secondo la profezia Maya, doveva accadere la fine del mondo. L’inizio di una nuova era, professavano ancora gli ex abitanti dell’ America centrale, ma, facendo i conti ad una settimana di distanza, nulla sembra essere cambiato. Quella rinomata fine di un’ epoca, che negli ultimi anni ha riempito trasmissioni televisive, programmi radio e social network, ci ha tenuti fino alla fine col fiato sospeso, ad aspettare il suono della mezzanotte per tirare finalmente un sospiro di sollievo. Il mondo non è finito, siamo ancora qui, con le nostre vite, i nostri problemi e le nostre preoccupazioni. Nulla è cambiato, anche se, diciamocelo, ognuno di noi in cuor proprio un po’ ci sperava.  Non per quanto riguarda la fine del mondo, sia chiaro, ma almeno per l’inizio di una nuova era, considerato quella in cui stiamo vivendo. Invece no, cari Maya, non ci avete dato neanche questa soddisfazione, ci avete illusi che qualcosa potesse cambiare e poi niente, tutto è rimasto come prima. Un altro Natale, identico a tutti gli altri, è trascorso. O forse non proprio identico. Sì, qualcosa è cambiato: niente regali sotto l’albero. D’altronde chi ci pensa più, a fare regali, quando a fatica si trovano i soldi per mandare avanti una famiglia! La disperazione ci ha portato a credere in qualcosa che, adesso, a rifletterci con mente lucida, quasi quasi ci vergogniamo di aver pensato. E allora cosa possiamo fare? Sicuramente la rassegnazione non è la soluzione migliore. Quindi, anche se temiamo che nulla possa cambiare,  continuiamo ad impegnarci. Di certo la situazione potrà solo migliorare. Poi sperare in una nuova rilettura del calendario Maya non costa nulla: chissà se è stato fatto un errore e l’inizio di una nuova era deve ancora arrivare!

Alessandra Gaudiano



Settembre 2012

11 Settembre 2001, ore 14.46. Ho ancora vivido nella mente il ricordo di quel momento: ero seduta davanti la tv a guardare i cartoni animati, come qualsiasi altra bambina di sette anni che si gode gli ultimi giorni di vacanza prima dell’inizio della scuola, quando improvvisamente su tutte le reti televisive comincia un’edizione straordinaria del telegiornale. C’è stato un attentato terroristico a New York, e le Torri Gemelle sono venute giù come se fossero fatte di sabbia. Polvere, detriti, macerie: queste sono le immagine trasmesse dai TG, immagini che si fanno ancora più impressionanti quando vengono riprese persone che cercano una salvezza impossibile buttandosi dal 100° piano di un palazzo che ormai sta per crollare. Vedendo quelle sequenze televisive, ricordo che non riuscivo a comprendere bene cosa fosse realmente accaduto e perché, all’improvviso, un’immensa nube di polvere dal luogo del disastro si allargasse sulla città. Ma allora, a soli sette anni, abituata a vivere in un mondo in cui tutte le favole avevano ancora il finale “e vissero sempre felici e contenti”, che cosa ne potevo sapere del terrorismo e di Al-Qaeda?
Ora, 11 anni dopo, sono consapevole che mentre io guardavo i cartoni animati e quasi mi arrabbiavo per la loro interruzione, qualcosa di più grande stava accadendo dall’altra parte del mondo, qualcosa che avrebbe stravolto l’intero Pianeta, generando guerre e distruzione, e che avrebbe fatto sentire la  sua eco anche nel nostro piccolo paese, dove tutti, almeno per un momento, hanno rivolto la loro mente e le loro preghiere alle oltre tremila vittime di quella tragedia.
Alessandra Gaudiano



Maggio 2012

“Vent’anni dopo” è il titolo di un romanzo di Alexandre Dumas padre, sequel di quel fortunato capolavoro che è “I tre moschettieri”. Esso narra le avventure di D’Artagnan e compagni ormai avanti negli anni, ma con ancora addosso lo spirito di avventura e il senso del dovere che li avevano caratterizzati nelle loro precedenti vicende. Coerenza e impegno, dunque, sono i caratteri fondamentali di chi, come loro, serba intatti il cuore e la mente, orientandosi sempre tra i marosi dell’esistenza alla ricerca di un approdo che può anche essere il sacrificio della propria vita, ma che di certo contribuisce a preservare quella altrui.
E vent’anni dopo, come non ricordare quelle stupende figure di intrepidi moschettieri che furono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e tutti gli agenti di scorta morti in quelle date impresse in noi come cicatrici che sono il 23 maggio e il 19 luglio 1992? Anche loro combattevano contro un sistema che era, prima ancora che affaristico o politico, il prodotto di una fossilizzazione mentale su schemi improntati sulla prevaricazione e la violenza. Anche loro avevano capito che non bisognava mollare mai, perché ciò avrebbe significato non tanto darla vita ai malavitosi quanto piuttosto darla vinta alla rassegnazione, che fa più vittime del tritolo…
E perciò, se anche può sempre banale ricordarli su un foglietto che sguscia via tra le dita delle gente con la stessa facilità dell’acqua o della sabbia, questo non diventa un modo per dire “Giovanni, Francesca, Paolo, ci siamo anche noi”, ma è un modo per dire loro un “grazie” che sale al cielo e fa brillare più forti le stelle, consapevoli che essi sono stati davvero la concretizzazione del motto “tutti per uno, uno per tutti” di cui anche noi siamo parte integrante qui e ora, e per sempre.

La Redazione



Febbraio 2012
COME LA NEVE…
La neve, d’inverno, è sempre la benvenuta: fa tornare bambini, purifica l’aria e i sentimenti, nasconde nel suo ovattato candore il viavai dei nostri affanni, costretti da essa ad arrestarsi. Però basta una scroscio di pioggia coadiuvato dal vento a riportare tutto al prima, al grigio dell’asfalto e al brullo della terra. E la neve ridotta in poltiglia non diventa altro che il ricordo di un attimo di immacolata bellezza, effimero come un fiocco che scompare mentre cade.
Metafora della nostra vita, dunque, è la neve. Ci svegliamo al mattino della nostra esistenza puri come gocce cristalline che condensandosi fanno di sé il manto ideale per riscaldare, paradossalmente, i cuori di chi sta intorno, di chi sa cogliere il meglio delle cose. Poi, però, basta un niente, il fortunale della nostra quotidianità, a sporcare tutto, e a scoprire in noi il lato che di abbagliante non ha il biancore bensì tutto il portato degli errori.
E allora, forse, dovremmo sostare un attimo, a guardare all’insù, come quando appunto i cristalli di neve si mescolano alla meraviglia del nostro sguardo, mentre nevica. In quel momento, non pensiamo a nulla, sentiamo solo com’è meraviglioso vivere, e vivere in un creato che ci regala lo stupendo spettacolo di un mondo che cambia volto sotto quel candore così lieve che non immagini possa ammantare tutto quanto.
Dovremmo sostare, impossessarci di questa meraviglia ed imparare dalla neve, che non c’è sempre e non è per sempre, però quando arriva e per quanto rimane svolge il suo compito straordinariamente bene, perché lascia la poltiglia agli angoli delle strade, è vero, ma suscita anche rigagnoli che bagnano la terra, in attesa che da essa germogli la vita.

La Redazione


 Novembre 2011
Non è un caso che l’autunno sia sempre dipinto come il momento del cambiamento, seppure si celi in questo termine una sottile vena negativa. Eppure, sebbene le foglie cadono e tutto intorno si fa brullo e spoglio, è proprio il lavorio pacato e a tratti languido di questa stagione che permette, mesi dopo, lo splendore della primavera. Bisogna perciò seminare, anche noi. Non con l’idea di un raccolto rigoglioso né con la certezza di frutti da raccogliere, ma con la speranza che quanto fatto possa produrre ancora una volta un prato su cui sedersi o fiori da contemplare. Un giornale vive di piccole storie, righe di scrittura che vogliono trasmettere il senso del proprio operare. Note appena vergate come brevi sorrisi o squarci di riflessione che increspano la fronte come davanti ad un problema insolubile. Eppure la risposta è lì, tra quelle parole che sono informazione e sono cultura, parole che sanno dare concretezza a quello che si sente ma che non c’è, se non dentro, se non più in profondità. Conoscere e comprendere risulta essere così l’aspetto più importante per non dare adito alle solite, scontate e banali considerazioni che si porta dietro ogni attività di pensiero: perché, costi quel che costi, non ci si deve fermare all’apparenza ma bisogna toccare il cuore di ogni problema e dare un contributo a risolverlo. E perciò, mentre le foglie lentamente cadono e le tenebre acquistano più ore, non scoraggiamoci: nell’autunno riposa la miglior parte di noi, pronta a rifiorire in primavera.

La Redazione

Agosto 2011



Quando nasce una nuova testata, seppure nella forma appena percettibile delle quattro facciate, ci si chiede a che pro questo accada e se già altre, simili ad essa, non abbiano scritto tutto e raccontato ogni cosa.
Il Triona, bollettino bimestrale a cura di A.Svi.T. – Associazione per lo Sviluppo Territoriale, esordisce in occasione dell’estate 2011 proponendosi quale finalità principale quella di “formare e informare” quanti vorranno annoverarsi tra i suoi lettori.
A prima vista, la scelta di questi due verbi può sembrare un semplice gioco di parole ma, come si evincerà dalle tematiche scelte negli articoli scritti da giovani croniste, l’obiettivo di informare in modo diretto e di plasmare le coscienze dei cittadini dei comuni che ricadono nella Valle del Triona non appare esagerato, specie in un momento storico in cui le tendenze e gli stili s’intrecciano alla desolante passività di una consapevolezza civile ormai sbiadita.
Compito de Il Triona sarà allora quello di divulgare fatti, spronare opinioni e indirizzare alla realizzazione del bene comune, quale unica forma di impegno che porta buoni frutti. E di invitare a camminare sulla via più stretta, che costa fatica ma conduce alle altezze, quelle cui dovrebbero sempre aspirare quanti osano alzare gli occhi da terra e sfidare l’immensità del cielo.

La Redazione